LA PREGHIERA DI ADORAZIONE ( 1 )
N. 21
Quando la piccolezza sfiora l’infinito…
In un mezzogiorno ardente, Gesù, coperto di polvere, attraversava la provincia di Samaria, lungo la gola che si apre tra i monti Ebal e Garizim.
Sulla cima di quest’ultimo gli scismatici di Israele, i samaritani, avevano eretto un tempio piuttosto modesto, come replica e sfida al Tempio di Gerusalemme.
E lì svolgevano la loro vita religiosa.
La rivalità tra giudei e samaritani risaliva ai lontani giorni del ritorno dalla schiavitù di Babilonia.
Risalendo la gola, Gesù entrò nella valle che si estende da Siquem a Naplusa.
Al suo ingresso sorgeva Sicar, città adorna di leggende che risalivano al tempo di Giacobbe.
Vicino alla città c’era un pozzo sorgivo, profondo circa 30 metri.
Gesù, stanco, sedette presso il pozzo.
E si svolse una strana scena.
Con una brocca sulla testa, arrivò dalla città una donna che aveva al suo attivo molta vita e strane storie.
Gesù le chiese un po’ d’acqua per alleviare la propria sete.
Ella trovò strana la domanda. Rapidamente, tuttavia, i due entrarono in una conversazione di un certo livello e, ad un certo punto, risuonò in quel dialogo singolare, una parola con un gran peso di eternità: adorare.
“…Disse a Gesù la donna: -Signore, vedo che Tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio su questo monte e voi dite che è a Gerusalemme che bisogna adorare.-
Gesù le dice: -Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre…ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.
Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità-…” (Gv. 4,19-24)
Adorazione significa riconoscimento della grandezza di Dio e della piccolezza della creatura.
Senso della trascendenza divina e della precarietà dell’uomo.
Scoperta della gloria del Signore e del proprio niente.
Nell’adorazione l’uomo, creatura debole, limitata, sfiora il mistero di Dio.
Il nulla entra in contatto col Tutto.
L’adorazione proclama, silenziosamente, l’Assoluto di Dio.
Ciò è possibile unicamente in un atteggiamento profondo, autentico, consapevole, di umiltà.
Si entra in punta di piedi in uno spazio sacro, nel territorio del mistero.
“…Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio davanti al Signore…” (Salmo 95)
La lode, la benedizione, l’azione di grazie, portano l’uomo “fuori di sé”, in uno spazio immenso dove risuona la sua parola incontenibile di giubilo per la grandezza di Dio e la generosità dei suoi doni.
L’adorazione fa compiere all’uomo un cammino inverso: lo fa rientrare nella profondità del proprio essere, gli tappa la bocca accordandogli esclusivamente una parola interiore.
La luce esteriore lascia il posto ad una luce che trafigge l’uomo dal di dentro.
E io scopro la mia vita come attraversata da un raggio della luce di Dio, della Sua grazia, del Suo amore.
Di fronte alla maestà, alla signoria di Dio, al Suo mistero, alla Sua trascendenza, il silenzio risulta più espressivo di ogni parola.
La gioia diventa una realtà che s’impossessa di tutta la persona, la trasfigura.
Non c’è più bisogno di proclamarla, di spiegarla.
Basta rifletterla, irradiarla.
Nell’adorazione tutto il corpo diventa preghiera.
Ed indica riverenza, rispetto, dipendenza, desiderio di lasciarsi avvolgere dal mistero, disponibilità a farsi incendiare dal fuoco che brucia, ma non consuma.
L’oscurità, il silenzio, la solitudine, costituiscono così i segni di un’esperienza irripetibile che si svolge nella zona più segreta dell’essere, là dove si resta abbagliati da una luce, si copre una presenza e si coglie una voce che viene da altrove.
L’adorazione libera l’uomo da tutte le schiavitù, rendendolo totalmente disponibile per l’unico Signore.
“…Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te…” (Matteo 11,25-26)
Dio svela i propri segreti non alle persone importanti, ma ai piccoli, alla gente che non conta.
E la preghiera di adorazione diventa il momento privilegiato di queste confidenze divine.
L’umiltà è l’unico recipiente capace di accogliere l’infinito.
L’adorazione è un essere presi dalla totalità di Dio.
Mi sottrae alla considerazione dell’io e mi obbliga a puntare lo sguardo unicamente sul Tu di Dio.
Non si tratta di fare dei confronti tra la mia miseria e la grandezza infinita di Dio, tra i miei difetti e le Sue perfezioni.
Nell’adorazione io vengo letteralmente strappato a me stesso e condotto direttamente
di fronte all’Altro.
Ciò che conta, ciò che merita attenzione, ciò che mi assorbe totalmente è il Tu di Dio.
E io non voglio altro che quel Tu.
L’adorazione mi fa memoria del comandamento fondamentale:
“…Io sono il Signore tuo Dio…
Non avrai altro Dio al di fuori di me…” (Deuteronomio 5,6-7)
“….Ascolta, Israele:
il Signore è il nostro Dio,
il Signore è uno solo.
Tu amerai il Signore tuo Dio
con tutto il cuore,
con tutta l’anima
e con tutte le forze…”
(Dt. 6,4-5)
Dove sei?
Non vedo il Tuo volto.
Eppure ci sei.
I Tuoi raggi rimbalzano in mille direzioni.
Sei la Presenza nascosta.
Presenza sempre oscura e sempre chiara.
Mistero affascinante
a cui tendono tutte le aspirazioni.
Vino inebriante che sazi ogni desiderio.
Infinito inesprimibile che acquieti le chimere.
Sei il più lontano e il più vicino,
sostanzialmente presente in tutto il mio essere, sorgente del mio esistere
e del mio permanere,
essenza della mia essenza.
Tu mi penetri, mi avvolgi, mi ami.
Con la Tua presenza attiva raggiungi
le remote dimore della mia intimità.
Anima della mia anima, vita della mia vita,
sei più me di me stesso.
Realtà totale e totalizzante
nella quale io vivo immerso:
vivifica e penetra tutto quanto io sono, possiedimi tutto intero,
fa di me una viva trasparenza
del Tuo essere e del Tuo amore.
(Padre Ignazio Larrañaga)